<< […] Noi abbiamo bisogno di parlare con le persone che non sono d’accordo con noi. Questo è il dialogo a cui bisogna ricorrere sempre, anche quando l’interlocutore ha delle opinioni che noi aborriamo. Viviamo in un mondo interdipendente, e non possiamo evitare di capirci gli uni agli altri>>.

Ma perché è così difficile dialogare?

<<Perché dialogare è rischioso. Chi intrattiene un dialogo deve svolgere il doppio ruolo d’insegnate e di discepolo, ed essere sempre disposto a imparare quando il nostro interlocutore ha da dire cose più importanti delle nostre. L’obiettivo del dialogo non è quello di creare vincitori o vinti, ma arricchire tutti discutendo. Purtroppo le condizioni di vita attuali non facilitano questo tipo di comunicazione>>.1

Mai come ora mi è utile ritornare su questo articolo di Zygmunt Bauman. In questo momento “ultra” pandemico, percepisco un’intolleranza al pensiero diverso esagerata, discriminante e ridicolizzante, che rischia addirittura d’intaccare il tessuto sociale nelle relazioni familiari e di amicizia più strette. Non m’interessa troppo esporre la mia idea, sul si-vax/no-vax, si-greenpass/no greenpass. Piuttosto m’interessa invitare tutti ad una riflessione profonda del proprio modo in cui intratteniamo una discussione. Quanto siamo veramente disposti ad ascoltare chi la pensa in maniera diametralmente opposta a noi? Quanto riusciamo solo ad ascoltare senza interrompere? E soprattutto, siamo consci che nel parlare vogliamo esporre e non imporre il nostro pensiero? Tutte domande che mi son posto dopo alcune accese discussioni. Mi son dovuto fermare e ricomporre per poi ripartire. Lo scontro non fa crescere, screditare non appaga, e anche l’approvazione del tuo pensiero ha il solo fine ultimo di non farti sentire solo.

Ciò che serve è il dialogo con chi la pensa diversamente da noi. Daisaku Ikeda, filosofo buddista nonché Presidente dell’istituto Buddista SGI (Società per la creazione di valore), pone alla base del dialogo il riconoscimento della “dignità intrinseca di tutte le persone, come qualcosa che va risvegliato, con un processo di riflessione su sé stessi e di presa di coscienza di sé. […] L’impulso umano universale a evitare la sofferenza e l’innegabile senso del valore unico del nostro stesso essere, ci porta a comprendere che anche gli altri devono sentire nello stesso modo. Nella misura in cui siamo in grado di metterci al posto degli altri, possiamo avere una sensazione tangibile della realtà della loro sofferenza.”2 D’altronde, se vogliamo arricchire la nostra umanità dandole il giusto valore, non possiamo rifiutarci di percepire la sofferenza altrui, sostenendo che non ha nulla a che vedere con noi.

Facile a dirsi, più difficile a farsi. Nel coaching ci sono 3 livelli di ascolto che ci possono aiutare. Nel 1° livello l’attenzione è su di sé, è come vivo su di me ciò che l’altra persona mi sta dicendo. In pratica sto ascoltando il suono della mia propria voce interiore. Nel 2° livello l’attenzione è sull’altro, si fa attenzione a cosa è importante per l’altra persona a proposito di ciò che sta condividendo. È una messa a fuoco precisa, come un laser. Nel 3° livello invece l’attenzione è globale. Questo è un ascolto che comprende tutto. Si è consapevoli dell’energia tra te e gli altri. Si è consapevoli di come sta cambiando quell’energia; percepisci tristezza, leggerezza, paura, gioia, cambiamenti di atteggiamento. Si è consapevoli dell’ambiente e di qualunque cosa stia accadendo in esso. Si è consapevoli dell’umore o del tono sottostante o dell’impatto della conversazione, dove sta portando te e la persona con cui stai parlando. Questa è empatia, questo è provare compassione, non in senso di pena, ma la capacità di mettersi nei panni dell’altra persona, vivendo le stesse emozioni.

Non dico sia facile, ma è sicuramente possibile e come tutte le cose richiede allenamento e voglia. È un processo che inizia con piccoli passi quotidiani, semplicemente partendo dall’ascoltando, senza interrompere o sovrapporsi all’altro. È percepire con tutti e 5 i sensi, fino a forgiare il 6° senso che integra ed elabora i vari dati sensoriali formando un unico pensiero. D’altronde è attraverso queste 6 funzioni vitali che affrontiamo le nostre attività quotidiane. Ma ancora non basta, a guidare il tutto ci deve essere il nostro cuore, che non è la sola base dei nostri sentimenti, è amore puro verso il prossimo. L’ascolto col cuore, con la propria vita, è molto più arricchente del semplice lavoro sensoriale. È da qui allora che possiamo riconosce chi abbiamo di fronte come persona di nostra pari dignità. In caso contrario è bene riflettere e porci delle domande su cosa ci stia succedendo, cosa ci blocca, perché non si accetta o non si vuole il dialogo.

Ecco, questa mia nuova presa di posizione mi conforta molto, perché sapere di essere nel giusto, solo perché valorizzo TUTTI riconoscendo la dignità di ognuno, è fantastico. Mi apre un orizzonte di nuove sfide e possibilità, invece di vedere esclusivamente una situazione “ultra” pandemica fatta da scenari cupi e negativi. Anche se difficile io ci provo!!!

1“Dialogo e rapporto maestro e discepolo”, di Zygmunt Bauman (19.11.’25–9.01.’17), sociologo, filosofo e accademico polacco, articolo pubblicato dal Corriere del Ticino in data 29.08.’14.

2 Il rispetto universale della dignità umana: la grande strada che porta alla pace. Proposta di pace 2016 alle Nazioni Unite, di Daisaku Ikeda, Presidente della Soka Gakkai Internazionale.

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